STEFANO VIRGULIN
LA SPOSA INFEDELE IN OSEA
in Lo sposo e la sposa / PSV 13, EDB, Bologna 1986, pp.27-39
Osea è il primo profeta che ha adoperato l'immagine sponsale per descrivere l'intimo rapporto esistente tra Dio e il popolo d'Israele in seguito all'alleanza conclusa sul monte Sinai. Il profeta fu indotto a ciò da una particolare esperienza familiare, nella quale intervenne la rivelazione divina. Il tema sponsale applicato all'alleanza si articola in due direzioni, una negativa concernente Israele e l'altra positiva che riguarda Dio. I peccati del popolo eletto sono la prova dell'infedeltà della sposa verso lo sposo divino. Dio invece nel suo amore ardente e fecondo, benché incorrisposto, è capace di vincere la separazione e ristabilire il primitivo rapporto fatto di comprensione e tenerezza.
Per descrivere il comportamento morale del popolo (lei regno del nord Osea fa largo uso del termine «prostituzione». Infatti il vocabolo ebraico, proveniente dalla radice znh, è usato nella profezia oseana più di una ventina di volte.
A) L'ESPERIENZA CONIUGALE DI OSEA
Il significato metaforico del termine nel campo religioso si fonda su un dato storico concreto. Infatti il culto cananeo, praticato anche dagli ebrei, comportava la pratica della prostituzione sacra (Os 4,13‑14). Probabilmente la moglie di Osea aveva lasciato il focolare domestico per abbandonarsi al culto immorale degli idoli. Le vicende matrimoniali del profeta, difficili da ricostruire, sono contenute in Os 1.3.
La legislazione ebraica considerava la prostituzione come un'azione vergognosa (Lv 19,29; Dt 22,21), che doveva essere severamente punita (Gn 38,24; Lv 20,6; Dt 22,21; Sai 73,27). Altri termini sinonimi, che indicano il contegno negativo del popolo di Israele verso il suo Dio, sono: rompere il matrimonio (Os 4,13‑14), commettere adulterio (Os 2,4), macchiarsi (Os 5,3). Il peccato che il profeta rinfaccia al popolo in modo preminente è l'idolatria, praticata nella forma del totale abbandono di YHWH ovvero sotto quella del sincretismo (Os 3,1; 4,12‑15; 7,14; 9,1). Anche il culto del vitello d'oro praticato a Betel nel santuario nazionale apriva la porta al sincretismo religioso. Inoltre come luoghi di culto adulterino vengono indicati Gilgal e Bet-Aven (Os 4,15). Il culto cananeo, fondato sull'esaltazione delle forze naturali della fecondità, esercitava una potente seduzione sugli abitanti ebrei della Palestina (Os 4,18; 9,1).
Come conseguenza dell'idolatria vengono segnalate la corruzione dilagante, il culto ipocrita e superficiale, l'imperversare della violenza e dell'ingiustizia (Os 4,1‑2; 5,6; 6,4‑8; 11,13). Si poneva la fiducia nella politica delle alleanze con le potenze straniere. Tutta la storia passata di Israele non è stata che una lunga serie di infedeltà e di ribellioni contro Dio (Os 9,10; 10,11‑12; 11,1‑3; 13,5‑7). Il popolo è insipiente (Os 13,13), testardo (Os 4,16; 5,13), barcolla come un ubriaco (Os 4,12) e non ha cuore (Os 4,11.14; 7,11). Esso è invaso da uno spirito di indisciplina, per cui ha rotto i vincoli della comunione con Dio ratificati dall'alleanza (Os 5,4). Infatti Israele non conosce il suo Dio (Os 5,4; 11,3), lo dimentica (Os 4,6; 8,14), lo abbandona (Os 4,10), si ribella (Os 5,7; 6,7), fugge (Os 7,13), pratica l'illusione (Os 7,3; 10,13; 12,1), la menzogna (Os 7,1), la falsità (Os 10,2). Il popolo che corre dietro ad altri dèi considerati suoi amanti (Os 3,1), è equiparato ad una sposa infedele e i singoli membri del popolo sono chiamati «figli di prostituzione» (Os 1,2; 2,6). L'animo del popolo è malato fino nelle fibre più intime del cuore, per cui non è capace di ravvedersi, malgrado le continue sollecitazioni che gli vengono fatte, perché ritorni al Signore (Os 3,5; 5,4; 6,1; 7,10; 12,7; 14,2‑3).
L'atteggiamento di Dio verso il popolo infedele e ingrato si esplicita anzitutto nel giudizio, che comporta la soppressione dei luoghi illegittimi di culto (Os 9,6; 10,8‑9; 12,12), l'annientamento della ricchezza (Os 9,6; 13,15), l'occupazione nemica e l'esilio con la conseguente distruzione del regno (Os 10,7.15; 11,6). Tuttavia questo giudizio divino non assume la caratteristica della vendetta, ma possiede un aspetto terapeutico, poiché Dio stesso soffre e si commuove quando il popolo è esposto alla catastrofe. Infatti Dio quale sposo abbandonato e deluso continua, malgrado tutto, ad amare la sposa adultera e non cessa di sperare nel suo ravvedimento. Osea presenta Dio come un amante che fa l'esperienza di tutta la gamma dei sentimenti che caratterizzano i rapporti amorosi tra due giovani sposi. L'amore rimane fedele malgrado il tradimento. Dio è capace di dimenticare la sua ira e di procurare la definitiva riconciliazione con la sposa fedifraga, stabilendo con essa un rapporto di intimità e comunione che nessuna cosa al mondo potrà distruggere. L'amore sconfinato di Dio perdona, ricrea e salva.
B) OSEA 2,4‑25
I temi dell'infedeltà del popolo d'Israele e dello sconcertante amore sponsale di Dio sono meravigliosamente esposti nel secondo capitolo della profezia di Osea (vv. 4‑25). Questa pagina, che è una perla della letteratura profetica, costituisce la chiave di volta che permette di comprendere in profondità l'esaltante messaggio dell'amore sponsale fra Dio e il suo popolo in Osea.
1. STRUTTURA E GENERE LETTERARIO
Pur presentando delle incongruenze, dei parallelismi forzati e dei cambiamenti di persona, il brano in questione possiede una struttura abbastanza unitaria. Infatti esso è costituito da un dittico che comprende oracoli di sventura (Os 2,4‑15) e vaticini di salvezza e felicità (Os 2,18‑25). I vv. 16‑17 rappresentano quasi un ponte tra i due quadri antitetici, essendo collegati sia con gli oracoli precedenti che coi seguenti.
Il primo quadro del dittico contiene tre oracoli concernenti l'accusa delle colpe commesse da Israele sia sotto forma di processo (v. 4), che sotto forma di descrizione (v. 7) e di lamentazione (v. 10). Le minacce sono seguite dall'annuncio del castigo (vv. 5‑6.8‑9.11‑15). Nei vv. 8 e 11 il giudizio è introdotto con la classica congiunzione láken (perciò), e il v. 15 termina con la conclusione: «oracolo di YHWH». I vv. 4‑15 sono un discorso del Signore in prima persona; Dio apre un dibattito giudiziario in un processo relativo al divorzio, contro la sposa, cioè contro il popolo infedele, del quale si parla sempre in terza persona. In questo processo Dio appare come accusatore, giudice, esecutore del castigo e riconciliatore del dissidio. Questi atteggiamenti rivelano l'occulto amante della sposa infedele.
Il secondo quadro del dittico comprende tre oracoli di salvezza (vv. 18‑19.20‑22.23‑25), che iniziano con la formula di tenore escatologico: «in quel giorno» (vv. 18.20.23); nel primo e terzo oracolo viene aggiunta la formula profetica: «oracolo di YHWH». Ognuno dei tre vaticini svolge una tematica particolare, che comprende una promessa e una positiva risposta da parte della sposa, cioè del popolo (vv. 18‑19 a. 19 b; 20‑22 a.22 b; 23‑25 a.25 b). Di Israele si parla al singolare e al plurale, in seconda e terza persona.
Os 2 presenta una struttura parallela e chiastica insieme. Ai tre oracoli di sventura fanno seguito tre oracoli di felicità. Gli oracoli di sventura iniziano descrivendo le infedeltà di Israele che attirano il castigo divino, mentre negli oracoli di salvezza c'è anzitutto l'azione benefica di Dio che redime Israele e che lo rende capace di rispondere alle esigenze dell'amore.
2. LA SPOSA ACCUSATA E MINACCIATA (OS 2,4‑6)
«Accusate, vostra madre, accusatela, perché essa non è Più mia moglie e io non sono più suo marito!» (2,4).
Quale parte lesa Dio pronuncia in un giudizio la formula di ripudio o divorzio proclamando la rottura del vincolo matrimoniale con il popolo di Israele. I membri del popolo considerati come figli, sono invitati a sanzionare questa rottura con la loro madre. Vi è una duplice personificazione, quella di tutto il popolo (madre) e quella di ogni singolo membro (figlio); accusando la comunità, ogni singolo ebreo riconosce se stesso come reo. La madre infedele portava sul corpo varie specie di tatuaggi o di amuleti votivi quali ornamenti di cui fregiarsi in onore dei Baalim durante le feste naturistiche della religione cananea. Il comando dato all'adultera di togliersi di dosso questi segni dell'infedeltà rivelano l'intimo proposito di Dio di riconquistarla. Il castigo minacciato è il denudamento. Per vilipendio venivano completamente denudati i prigionieri di guerra e le donne di cattiva fama (cf. Is 47,2‑3; Ger 13,22; Ez 16,37‑39; Ap. 17,16). La terra di Canaan, regione di latte e di miele (Nm 13,20‑23) si cambierà in una steppa deserta arsa dal sole. Vigerà la legge del contrappasso; le ricchezze di Canaan che sono state occasione di peccato (Os 10,1; 13,6), verranno eliminate.
3. LA CORSA DIETRO GLI AMANTI (OS 2,7‑9)
Viene ripresa l'immagine simbolica di Israele come madre e come un popolo composto di figli. La madre proclama spudoratamente la propria ostinazione nella prostituzione.
«Essa ha detto: Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana e il mio lino, il mio olio e le mie bevande» (2,7).
Gli amanti sono gli idoli cananei, ai quali Israele rende culto e dai quali attende di ricevere ciò che è necessario al vitto e al vestito. Secondo Es 21,10 il marito doveva procurare alla moglie questi beni. Tuttavia Israele aderisce al culto dei Baalim non per amore, ma per egoismo e interesse proprio. Nel v. 8 viene descritta la pena medicinale. YHWH quale legittimo sposo si sforzerà di impedire che la prostituta si incontri ancora con gli amanti; egli le sbarrerà la via con delle spine e con dei muretti di pietra. Fuori metafora, il Signore impedirà il culto cananeo; il popolo sperimenterà la solitudine e cadrà nella disperazione; così verranno meno le oscure bramosie che lo hanno portato lontano da Dio. Si prepara in questo modo il momento del ritorno, cioè della conversione al primo marito, dal quale potrà avere i doni necessari al proprio sostentamento. Dio continua a cercare la riconciliazione sfruttando il fallimento dell'amore portato agli idoli. Il comportamento di Dio corrisponde ad una sottile tattica amorosa.
4 Il, PIANO DIVINO DELLA CORREZIONE (OS 2,10‑15)
Nella terza invettiva, che riprende i temi già trattati e che si riallaccia direttamente al v. 7, viene rimproverata a Israele la mancanza di una vera conoscenza del Signore, in particolare della sua potenza creatrice che concede i doni della terra.
«Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo l'argento e l'oro che hanno usato per Baal» (2,10).
La pena corrisponde alla colpa. Anzitutto il Signore riafferma di essere il signore dei beni della terra; è lui infatti che li regala generosamente secondo i diversi cicli agrari. Israele sarà privato di essi, ne avrà vergogna e non potrà più portare offerte ai Baalim. I suoi vecchi amanti, gli idoli, osserveranno senza rammaricarsi l'umiliazione della loro favorita, giacché non potranno liberarla dal castigo, essendo essi un nulla. Cesseranno le solennità religiose, praticate come momenti privilegiati dei culti naturistici e di allegre orge. Il suolo fecondo diventerà arido; al posto della vigna crescerà la boscaglia piena di sterpi, che diventeranno il nutrimento delle bestie selvagge. L’invettiva termina con una commovente espressione dello sposo tradito: «Si dimenticava di me» (v. 15).
Il significato della minaccia contenuta nei vv. 10‑15 è avvalorato dalla formula che raramente si trova in Osea:«oracolo di YHWH» (Os 2,18.23; 11,11).
5. LA DIVINA SEDUZIONE (OS 2,16‑17)
«Per questo la sedurrò, la ricondurrò al deserto e parlerò al suo cuore.
Allora le restituirò i suoi vigneti, e farò della valle di Acor la porta della speranza.
Là canterà come ai giorni della sua giovinezza, come il giorno in cui sali dalla terra d'Egitto» (2,16s).
Prima grande promessa divina, collegata con i versetti precedenti, che erano solamente un'introduzione a ciò che il Signore intendeva intraprendere dopo la soppressione dei colpevoli amori della prostituta. Il linguaggio amoroso di questi versetti è molto audace. La seduzione compiuta dal Signore è un inganno d'amore e comprende gli inviti, le promesse e le tenerezze che Dio come sposo amorevole userà verso Israele, onde riallacciare con esso le relazioni sponsali interrotte dall'infedeltà della sposa. Ricondurre nel deserto significa metaforicamente ritornare alla condizione di assoluta fedeltà a Dio, come al tempo della permanenza nel deserto dei Sinai. Osea considera questo tempo come l'epoca della felice giovinezza. Parlare al cuore è un'espressione amorosa che significa corteggiare. Queste frasi mettono in evidenza il fatto, che l'azione di Dio nell'uomo assume il carattere di quel fenomeno misterioso che è l'attrazione sponsale. Dio per primo seduce e conquista e l'uomo non fa altro che lasciarsi sedurre e conquistare.
Conseguenza del nuovo rapporto con Dio è la restituzione dei beni della terra che ora cessano di essere nocivi, non servendo più al culto degli idoli. I vigneti rappresentano in sintesi tutti i frutti del suolo. La valle di Acor è una gola della regione di Gerico, che immette all'interno degli altipiani circostanti. Il nome Acor per sé lugubre, suona disgrazia e ricorda il sacrilegio di Acan (Gs 7,24), che è stato imitato da Israele in quanto infedele a Dio. Ma la sventura cessa e si apre una nuova epoca nella storia dei rapporti tra Dio e il popolo, storia che è improntata alla speranza.
6. IL NOME NUOVO (OS 2,18‑19)
«E avverrà in quel giorno ‑ oracolo del Signore ‑ mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone» (2,18).
La ristabilita unione coniugale viene indicata con lo scambio dei titoli sponsali tra YHWH e Israele. «In quel giorno» rimanda al momento in cui Dio ha deciso di operare la salvezza. Il Signore stesso sopprimerà i nomi dei Baalim sulla bocca di Israele, per cui il popolo non sentirà più il bisogno di invocarli. Cesserà perciò totalmente l'idolatria e il sincretismo. La risposta di Israele all’amore di Dio consisterà nel riconoscere YHWH come unico sposo. Nel v. 18 c'è un gioco di parole (marito-padrone), che nasconde un profondo significato teologico. In ebraico lo sposo di una donna poteva essere chiamato ‘is o bá al. ‘Is significa maschio, cioè marito nel senso che per realizzarsi ha bisogno di una donna ('issàh) (cf. Gn 18‑24). Il termine ‘is mette in evidenza il legame di affetto che unisce lo sposo alla sposa. Bà'al invece significa signore, padrone, cioè uno che esercita sulla sposa il diritto di proprietà, come su tutte le cose che si trovano nella casa (Es 20,17). Inoltre bà'al è il nome dato agli idoli. Nel nuovo rapporto sponsale tra Dio e Israele, il popolo vedrà nel Signore non l'uomo verso il quale sente di avere solamente dei doveri, ma lo sposo dal quale esso è attratto, amato e ricambiato.
C) LE NUOVE NOZZE (OS 2,20‑25)
Ai nuovi rapporti interpersonali esistenti tra Dio e Israele faranno riscontro nuove relazioni ambientali che coinvolgono il mondo umano e animale. La pace perfetta si stabilisce su due fronti: quello degli animali selvaggi e dei popoli vicini. Infatti verranno eliminati gli uccelli i rapaci, i rettili e le bestie selvagge; inoltre saranno soppresse le guerre, cioè spariranno i nemici esterni del paese e la Palestina godrà sicurezza e benessere. Il castigo minacciato in 2,14 viene sospeso; tra l'uomo e il mondo animale viene instaurata un'armonia paradisiaca; tra Israele e i popoli regna la concordia e la pace. È evidente il riferimento tematico alla situazione preannunciata in senso negativo in Gn 3.
l. IL NUOVO CONTRATTO MATRIMONIALE
Nei vv. 21‑22 viene sviluppato il concetto della nuova alleanza sotto l'immagine di un nuovo contratto matrimoniale.
«Io ti unirò a me per sempre, ti unirò a me nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore. Ti unirò a me nella fedeltà e tu conoscerai YHWH» (2,21s).
Il Signore parla in modo diretto e affettuoso alla sua sposa. Ripetendo tre volte il verbo «unire» e enumerando i doni o il prezzo del contratto matrimoniale, Dio pronuncia la solenne formula dello sposalizio.
Nel mondo ebraico questo rito è la conclusione di un processo legale, che comporta il pagamento del prezzo nuziale al padre della sposa. Dopo di ciò l'uomo diventato giuridicamente marito introduceva la sposa nella propria casa e aveva inizio la coabitazione.
In ebraico il verbo «unire» ('eras) è impiegato per indicare che un giovane prende in sposa una ragazza nubile. È il verbo del primo patto matrimoniale. L'uso di questo verbo da parte di Dio in tale contesto significa che il Signore si unisce di nuovo a Israele come se si trattasse delle prime nozze. La potenza e l'amore di Dio fanno sì che anche il matrimonio con una prostituta o un'adultera diventi un matrimonio con una «vergine». Questo sposalizio durerà per sempre (lett. per l'eternità), cioè l'alleanza con il popolo d'Israele sarà perenne e senza condizioni, garantita unicamente dalla fedeltà e dall'amore di Dio.
2. I DONI DIVINI (OS 2,21‑22)
Per il nuovo sposalizio il Signore paga un prezzo non al padre della sposa, che non esiste, ma al popolo, cioè egli offre direttamente a Israele i doni nuziali, che non consistono in beni materiali, ma in profondi atteggiamenti interiori e in nuove relazioni personali.
Questi doni sono sintetizzati in cinque termini: giustizia, diritto, benevolenza, amore e fedeltà. La giustizia e il diritto designano un agire conforme allo statuto dell'unione matrimoniale, che si concretizza nell'osservanza di norme che favoriscono la mutua comunione. La benevolenza, o tenerezza, in ebraico hesed, indica un atteggiamento di comprensione mutua e di bontà che cementa l'unione fondata su un rapporto spontaneo. L'amore (in ebraico rahamim)esprime l'affetto materno verso i deboli (Es 22,26) e il perdono dei colpevoli (cf. Sal 51,3).
Nel nostro contesto il termine indica un fortissimo rapporto amoroso impregnato di compassione e di tenace adesione. La fedeltà (in ebraico 'émúnáh) designa la stabilità dell'unione coniugale. I primi quattro termini abbinati e l'ultimo, la fedeltà, è quasi una sintesi dei precedenti. I doni nuziali che il Signore offre sono il segno della sua bontà e grazia. Ad Israele non viene richiesta nessuna garanzia e nessuna contribuzione.
L’unica risposta che Dio attende dalla sposa ricolma di beni è riassunta nel verbo: «conoscere». Questo termine è una parola capitale del messaggio oseano (cf. Os 2,10.15; 4 l.6; 5,4; 6,3; 8,2; 13,4). Si tratta di una conoscenza sperimentale di Dio basata sul riconoscimento esclusivo della sua signoria e della sua rivelazione e si esprime nell'osservanza dei precetti. Non è escluso l'elemento affettivo, fondato sull'esperienza di comunione di vita e di intimità tipica degli sposi felici.
3. PROSPERITA’ DEL PAESE E MOLTIPLICAZIONE DEL POPOLO (OS 2,23‑25)
Una nuova promessa completa le precedenti. Il Signore provvederà efficacemente al ciclo naturale della fecondità, giacché tutta la natura sarà posta al servizio del nuovo Israele. Il cielo informa, per così dire, Dio circa i bisogni degli uomini e Dio risponde al cielo, il quale a sua volta comunica l'esaudimento da parte di Dio alla terra. Questa produce i frutti che andranno a saziare Israele. Il popolo di Dio è chiamato Izreel, dal nome della fertile pianura che si stende a sud‑est del monte Carmelo. Lo stesso nome fu portato dal primo figlio di Osea col significato negativo di giudizio e condanna; ora invece il termine diventa sinonimo di salvezza.
Gli israeliti si moltiplicheranno nel paese come la messe con la quale sarà ricoperto tutto il suolo della regione. La nuova situazione viene descritta mediante un gioco di parole. Il «Non amato» diventa di nuovo oggetto di considerazione e di affetto da parte di Dio, il quale sancisce solennemente la formula dell'alleanza: «tu sarai il mio popolo». D'altra parte Israele ha la profonda coscienza di appartenere a Dio in forma unica ed esclusiva.
«Io li seminerò di nuovo per me nel paese, amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio» (2,25).
Os2 illustra in modo stupendo il tema della peccaminosa infedeltà di Israele, che rimane pur sempre oggetto dell'amore di Dio. Grave è l'apostasia del popolo, paragonata ad una prostituzione religiosa, per cui vengono interrotti i rapporti sponsali col Dio dell'alleanza. Ma l'amore di Dio, tenero e sconfinato, permette il castigo, perché la sposa ritorni ed è pronto a perdonare e a ristabilire, anzi a ricreare un nuovo rapporto sponsale, fondato sulla fedeltà e sulla tenerezza. Questa nuova alleanza vedrà rinnovate le condizioni dell'èra paradisiaca, nella quale regnava la pace tra gli uomini e nella natura.