GIUSEPPE FLORIO

Amore e Sessualità: il Matrimonio

in Id., Shalom. Itinerario biblico per l’evangelizzazione degli adulti, Queriniana, Brescia1984, pp.339-344

 

Dopo aver visto quanto ci suggerisce il Giovedì Santo sull’amore, non ci re­sta ora che coglierlo nel dinamismo della vita. Ci soffermeremo quindi sul ma­trimonio e sul celibato (Shalom 39), su questi due modi di vivere la chiamata all’amore sempre alla luce del mistero pasquale.

Quando oggi parliamo di amore, di sessualità, di matrimonio sentiamo nell’aria la tensione a voler demolire un certo passato. In realtà c’era forse bi­sogno di una visione nuova, illuminata dalla ricchezza della parola di Dio, di una visione che fosse più rispettosa di ciò che è il mistero della sessualità nell’uo­mo.

Ma per uscire e per superare il passato non basta demolire. Come vivere la sessualità in tutta la sua fecondità fisica e spirituale? Come vivere la sessualità per imparare ad amare nel modo più vero e più maturo? Come superare le no­stre inquietudini e le nostre crisi per rinascere sempre, per ‘fare la verità”?

Le nostre aspirazioni in questa dimensione della vita sono profonde e sof­ferte. Anche qui faremo riferimento al mistero pasquale e al “senso della pro­messa”, poiché queste sono le realtà che ci danno intimamente vigore.

Ed ora, guardiamo l’Antico Testamento, dove si insiste molto sulla fecon­dità intesa come procreazione. Era importante avere una discendenza nume­rosa e i figli erano considerati una benedizione del Dio della vita. Trasmettere la Vita era considerato il più grande privilegio, una fecondità “ad immagine di Dio”. E’ per questo che era permessa la poligamia, per questo veniva esentato dal servizio militare, per un anno, il novello sposo (Dt 24, 5). Se un uomo mo­riva senza avere avuto figli, bisognava comunque procurargli una discendenza e quindi la vedova diventava la moglie del parente più prossimo. Anche la ste­rilità era considerata un male umiliante. La moglie che era sterile dava al ma­rito una serva o una schiava, ma quest’ultima doveva partorire sulle ginocchia della moglie, la quale si appropriava del figlio e lo consegnava al padre.

Ma c’è un altro aspetto che possiamo considerare e interpretare. Il popolo d’Israele ha tollerato la poligamia, ha legalizzato il concubinato, però ha sem­pre esaltato l’ideale del matrimonio monogamico. Possiamo dire che la tendenza è stata alla monogamia e Gesù la confermerà con la sua autorità. Qui possiamo già raccogliere un’indicazione significativa.

Per terminare questo breve sguardo panoramico, consideriamo anche il fatto singolare di alcune grandi coppie della Bibbia come provate da un periodo di sterilità. E’ il caso di Abramo e Sara , Isacco e Rebecca, Elkana e Anna (la madre di Samuele). Perché non pensare che questo è forse un segno per noi? Non è forse vero che prima di qualsiasi fecondità c’è l’amore? Il primo vero figlio da generare nella coppia non è forse l’amore vero? E se con l’amore c’è la fede, “il figlio” non è sempre in qualche modo “figlio della promessa”, risultato di una fecondità che viene da Dio e segno di una fecondità che va oltre la generazione?

 

 

1. LA COSTOLA: SPECCHIO DELL’ETERNO

 

      Ed ora consideriamo alcuni brani che potranno aiutarci a capire il senso della sessualità, della coppia e del matrimonio.

Genesi 2,18-24: L’uomo è stato creato per amore di Dio ed è in relazione con Lui per mezzo dello Spirito (v.7). Questa comunione con Dio si manifesta anche all’esterno, “nel giardino” (v.15), con il lavoro. Ma questo non basta, non è tutto.

v.18: E il Signore Dio disse: ”Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.

Tutto è buono nella creazione, ma manca qualcosa perché l’armonia sia completa. L’uomo è solo ed è ferito da questa solitudine. Nella sua sete di comunione cerca una relazione che gli sia vicina, al suo livello; cerca l’aiuto, cioè il soccorso, l’alloggio, la colonna per liberarsi dalla tristezza.

Il testo dice che questo aiuto gli è simile. La parola ebraica significa: rivelare, annunziare, scoprire, interpretare. Questo aiuto sarà per l’uomo uno specchio, gli rivelerà il suo stesso io, lo interpreterà, potrà dialogare con lui.

vv.19,20: Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò aiuto che gli fosse simile.

L’uomo è certamente il signore della creazione, anzi dà il nome alle cose, quindi collabora la progetto di Dio, ma è anche vero che è come se non avesse niente finché non trova chi lo chiama e lo riconosce, finché non trova chi gli dice “tu”! Non può sopportare di parlare a vuoto a nessuno. Già possiamo intuire che la donna non sarà creata solo come partner sessuale o per generare figli , ma per la parola, per il dialogo che l’uomo non è riuscito a trovare in nessuna delle creature.

vv.21,22: Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò ; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.

 La costola indica prima di tutto che la l’uomo e la donna sono uguali, sono della stessa natura e della stessa dignità. Spesso, nelle culture vicine al popolo d’Israele, la donna veniva considerata una divinità oppure un animale. Qui non c’è niente di tutto questo: la donna è la vera compagna dell’uomo, l’unica che può essere in rapporto con lui. Ma nel racconto si parla del sonno dell’uomo.

Nella scrittura spesso il sonno o il torpore indicano il senso del mistero. L’altro (in questo caso la donna) resta un mistero: non l’abbiamo visto nascere, non lo si può dominare. L’uomo non è stato testimone dell’atto creatore di Dio, a lui spetta solo ricevere il dono!

v.23: Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta.”.

Dopo tanta attesa l’uomo esplode in un canto, in un grido di gioia, come un innamorato pieno di ammirazione! L’uomo riconosce nella donna la sua “carne” il suo “ osso”. L’osso indica tutto ciò che è interiore , l’intimità dell’uomo. La carne è quanto è esterno, visibile, è la bellezza e ciò che richiama. L’uomo si riconosce totalmente nella donna, dentro e fuori. Anzi, se dovessimo tradurre letteralmente, potremmo dire: “è carne più della mia carne , è osso più del mio osso”. L’uomo che vede che la donna è più intima della sua intimità, è più bella della sua stessa bellezza. Non c’è solo l’uguaglianza, c’è l’amore e questo permette di vedere l’altro come superiore!

v.24: Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.

E’ un versetto che vuol spiegare il matrimonio come la manifestazione visibile della loro unità. A partire dalla reciproca attrazione si formerà la coppia.

Qual è l’importanza di questo racconto? La sessualità, in tutta la sua manifestazione, è un dono di Dio all’uomo e per l’uomo; è qualcosa di positivo e fa parte dello stesso disegno di Dio. Più specificatamente, possiamo dire che la vocazione della sessualità è di creare comunione, è per l’altro, è fatta per comunicare amore, per amare. E’ l’amore che dà significato al sesso e non il contrario!

 

C’è poi l’aspetto della sessualità come mistero. E’ questione di incontro fra due persone e quindi sarà necessario accettare l’altro nella sua differenza, nella sua ricchezza, senza volerlo asservire, conoscere e possedere. Per evitare la paura e la guerra all’interno della coppia, l’uomo dovrà prima di tutto diventare “fratello” della donna e viceversa. Tra “fratello” e “sorella’ sarà possibile completarsi, imparando ad andare l’uno verso l’altro nella meraviglia dell’altro, liberi dalla paura.

Ma vediamo come ha maturato su questo argomento il popolo d’Israele. I versetti che ora considereremo sono stati scritti qualche secolo dopo ciò che abbiamo letto al cap. 2 del Genesi.

Genesi 1, 26—28:

Queste parole ci aiutano a capire la funzione della coppia.

v.26: E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e su gli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.

L’uomo è stato creato per la vita, ed è “immagine” di Dio proprio perché  può se­rvire la vita, pu6 orientare la creazione, ha un suo potere sulle co­se, può costruire il mondo superando ogni ostacolo. Ma questo uomo, che è “immagine” non è soltanto maschio o soltanto femmina: è la coppia.

v. 27:Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

La traduzione letterale di maschio sarebbe “il puntuto” e di femmina “colei che è perforata”.

Chi è l’uomo ad immagine di Dio: il maschio o la femmina? L’uomo ad immagine di Dio è la coppia! “Ad immagine di Dio lo creò”. Il Signore ha voluto prima di tutto fare l’uomo, l’uomo intero, l’uomo totale. Le particola­rità sessuali hanno valore non in se stesse, ma perché realizzano l’uomo, ci costruire la nostra umanità.

Ecco perché la sessualità (nel suo aspetto fisico), pur non essendo l’asso­luto, non può essere mai misconosciuta, profanata, violentata: ne soffrireb­be l'umanità. C’è qualcosa di essenziale nel piano divino della crea­zione. La nostra realizzazione umana passa attraverso la realtà della coppia! Non a caso, questa realtà è così grande da essere diventata “sacramento”, cioè luogo di incontro con Dio, di cammino, di trasfigurazione, di santità. Dio stesso è in qualche modo presente nella realtà della coppia. Lui stess­o ha voluto esser presente nella coppia che ama, che crea, che trasforma, che persevera. La più grande “presenza reale” di Dio nella creazione è proprio “l’uomo coppia”. Ogni coppia quindi vive qualcosa che la supera. Vive per la vita, è a servizio della vita, è costruita dalla vita senza esser mai padrona della vita. E ad “immagine” di Dio, manifesta in modo unico Dio che ama e che crea. La coppia è segno dell’amore eterno di Dio per gli uomini e per il mondo. Quindi tutto viene da Dio, da Lui tutto riceve senso e significato, tutto dipende da Lui.

Non è forse lui, Dio stesso, la costola definitiva di cui ogni uomo e don­na hanno bisogno? “Questo mistero è grande”!

Ora capiamo meglio perché Gesù di Nazareth ha voluto riprendere e ri­proporre la vocazione della coppia in tutta la sua interezza e verità. L’uomo poteva rischiare sempre di separare ci6 che non poteva essere che unito.

 

Matteo 19, 3—9

Leggendo questo brano teniamo conto che siamo in una società patriar­cale, che considera la donna socialmente inferiore e dove l’uomo può essere poligamo (era incriminato di adulterio solo se si univa ad una donna già spo­sata).

v.  3: 3A1/ora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi moti­vo?”.

Chi interroga Gesù considera scontata la possibilità del divorzio, e vuol sapere l’opinione del Cristo circa le motivazioni che permettono di ripudia­re la moglie.

Al tempo in cui scrive Matteo, in Israele si seguivano le opinioni di due scuole, su questo problema. La scuola del rabbino Shammài ammetteva il divorzio solo in caso di adulterio, mentre la scuola del rabbino Hillel am­metteva il divorzio per qualsiasi motivo.

I farisei vorrebbero che Gesù prendesse posizione fra queste scuole.

vv. 4, 6: 4Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? 6Così che non so­no più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”.

Gesù si rifà al progetto stesso del Padre. Invece di affrontare il problema con norme giuridiche, o con le usanze culturali del momento, bisogna scopri­re l’intenzione stessa di Dio. Questo confronto così assoluto che Gesù com­pie fra la Parola e il matrimonio è significativo per noi.

vv. 7—8: 7Gli obiettarono:“Perché al/ora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così”.

 

In principio Dio aveva creato il maschio e la femmina perché insieme im­a diventare uomo! Gesù vuol far riscoprire tutto il realismo dell’intenzione di Dio. L’esperienza di Mosè prova solo che l’uomo può alie­narsi e allontanarsi dal progetto di Dio. In fondo Gesù “evangelizza” la realtà del matrimonio, la riprende da capo per ridarle tutta la sua grandezza.

v.9: Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio”.

Non è per nulla chiaro in che modo intendere la eccezione che Gesù sembra preve­dere. Dal versetto 10 si capisce che la mentalità dei discepoli è sconvolta, quindi avevano capito che Gesù affermava un ideale assoluto. Il Cristo è stato pieno di misericordia verso tutte le debolezze in campo sessuale, ma radicale sulla esigenza di santità del matrimonio.

Per concludere, sentiamo tutta la forza dell’intenzione di Dio: l’uomo e la donna sono chiamati a crescere insieme, a crescere nell’unità, nella fede, nell’amore, nella libertà, nel servizio. Questa crescita voluta e accettata dagli sposi è “sacramento”, incontro con Dio e sua manifestazione. Il carisma tipico del matrimonio non è forse quello di crescere insieme?

Ecco perché non abbiamo parlato di “indissolubilità”. L’indissolubilità è ancora qualcosa che resta sul piano giuridico e la coppia non si salva, non mezzo della legge. La coppia si salva, cresce, testimonia quando è continuamente evangelizzata, quando è sostenuta dalla preghiera e da una comunità viva.

 

2. “E SI ACCORSERO DI ESSERE NUDI”

 

 

Ma nella coppia, nell’amore, l’uomo non sperimenta solo la bellezza dell’incontro­, della comunione e dell’armonia, così come se ne parla al cap. 2 del Genesi. abbiamo già detto che questo capitolo non va mai disgiunto dal cap.3.

 

C’è nell’uomo anche il disordine, c’è il peccato e la sessualità ne rimane ferita. cerchiamo di vedere più da vicino questa ferita, che fa vergognare l’uomo della sua nudità.

(Questo capitolo è stato esaminato dettagliatamente in Shalom 20).

V.6:Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

C’è la possibilità della seduzione e dell’inganno. Qui Eva non rappresenta il secondo sesso, ma la fragilità e la debolezza dell’uomo. Se è vero che la cop­pia è l’uomo totale, Eva rappresenta ciò che in noi è instabile, ciò che finisce male per delle scelte sbagliate, rappresenta il desiderio che ci divide e ci toglie dal fare la verità. La carne è debole dirà il Vangelo! Sembra quasi impossibile che l’uomo possa così facilmente lasciarsi ingannare dal desiderio.

v.7: “Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”.

Al v. 25 del cap. 2 è detto che erano nudi ma senza provare vergogna. Ora invece non è più così: ci vogliono le foglie di fico. Gli organi genitali sono le sorgenti della vita e sono quindi anche mezzo di comunione, relazione e in­contro. Il peccato può turbare proprio la relazione.

Essere nudi: la nudità è spesso sinonimo, nella scrittura, di povertà, di li­mite. Sono nudo, cioè sono creatura! L’uomo è capace di non accettare più di essere creatura, a volte non è contento di doversi realizzare appoggiando­si a Dio. E allora quando l’uomo e la donna sono uno di fronte all’altro senza riconoscere il proprio limite, la propria nudità, quando ognuno di loro vuol “diventare come Dio”, allora il risultato è una vergogna sofferta e a volte tragica.

V.16: 16Alla donna disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti domi­nerà

Se il desiderio diventa una forza cieca, la relazione di coppia è sconvolta. Anche il rapporto sessuale non è più incontro umanizzante e gratificante, ma diventa solo atto sessuale dominato dal piacere e dall’istinto. E il piacere tende sempre a diventare assoluto, a prendere tutto il posto, a ridurre l’altro

ad un oggetto del quale servirsi per soddisfare le proprie urgenze. Se il piacere diventa fine a se stesso, distrugge ogni rapporto e ogni incontro!

A questo punto la parola di Dio deve realmente venirci in aiuto. Comin­ciamo a capire che forse una vera e umanizzante sessualità non è quella libera e arbitraria, ma quella “obbediente” al senso di Dio e dell’altro. Anche la differenza anatomica fra uomo e donna ci fa capire che nessuno ha la capaci­tà di affermarsi e realizzarsi in modo autonomo. Se ognuno vede l’altro co­me sua proprietà, a suo servizio, allora la differenza e la separazione dei sessi, non  contiene più alcuna speranza, è senza futuro, senza promessa. Certo, non possiamo dire che la sessualità, nel concreto dell’esistenza umana, sia “innocente”. La sessualità non è né solo innocenza né solo peccato. E spesso una lotta e un travaglio. Come uscirne, come essere liberati da tante forme di anarchia interiore che ci assalgono? La parola ci annuncia che la sessualità può essere salvata dall’amore gratuito che spezza in noi il desiderio e il dominio.

Prendiamo il brano famoso della lettera agli Efesini, cap. 5.

Siamo in genere bloccati da quanto è affermato ai vv. 22 e 23. 22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; 23il marito infatti è capo della mo­glie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.

Chiariamo subito che Paolo ha fatto riferimento ai codici familiari del suo e in questi codici era previsto che le mogli fossero sottomesse ai ma­riti, perché il marito è capo della moglie. Ma questo è quanto dice la legge dell’epoca sulla situazione interna della famiglia e quindi non è verità rivelata!

 

Paolo assume i codici familiari dell’epoca e contemporaneamente presenta ­invece una maniera nuova di vivere i rapporti all’interno della coppia. Lo schema, l’intelaiatura esterna della coppia è suggerita dalla legge, i rap­porti interni sono suggeriti invece dal Cristo.

Un uomo amerà la moglie “come Cristo ha amato la chiesa e ha dato se per lei”: v. 25. 25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha la Chiesa e ha dato se stesso per lei.

Qui c’è il modello e la novità. L’amore del Cristo per la chiesa trova un ri­) nell’amore che esiste nella coppia.

Al v.29 è detto che lo sposo è chiamato a “nutrire e curare” la moglie come fa Cristo con la chiesa. 29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al  contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la chiesa. (Letteralmente ­invece di “curare” dovremmo tradurre “riscaldare”. Si tratta di un amore che riscalda la nudità dell’altro!).

Perché Paolo fa riferimento all’amore del Cristo? L’amore del Cristo è agàpe è questo amore gratuito che deve far parte dell’amore che si vive nella coppia. Si direbbe che ciò che salverà la coppia sarà proprio l’agàpe! Per mezzo dell’agàpe cambieranno i rapporti. (Notiamo bene che Paolo non dice l’unica realtà del matrimonio è l’agàpe).

Al v. 31 c’è il richiamo a Gen. 2: 31Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. 32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Il matrimonio, la coppia, sorge dall’eros, dall’attrazione reciproca (Shalom 37). A partire da questa base (nessuno deve sposarsi solo per “agàpe”!), il cam­mino dell’amore nella coppia maturerà verso la gratuità. Come il popolo d’Israele  è passato dalla poligamia alla monogamia cosi il matrimonio passa dall’eros all’­agàpe. Nell’intero progetto di Dio sembra potersi leggere questa linea ascendente e liberante. Questo equivale a dire che la riuscita del matrimonio, e della sessualità in genere, non è nel sesso ma nell’amore gratuito. Niente garanti­rà al matrimonio rapporti profondi e indistruttibili come la maturazione nel­l’amore di agàpe. Ecco perché è grave se si “torna indietro”: si rischia di fallire nella maturazione di cui abbiamo bisogno per essere veramente uomini.

La castità vissuta anche all’interno della coppia renderà l’uomo e la don­na sempre più fratello e sorella. C’è qui forse l’altro carisma del matrimonio: la coppia rende visibile e credibile l’amore fra gli uomini.

E’ possibile diventare fratelli! E’possibile che i rapporti fra gli uomini cambino, si rinnovino.

Di quante cose è segno il matrimonio! Quanta umanità, quanta speranza, quanta “promessa” nella coppia! Ci sia permesso di dire anche quanta “divinità” c’è nella coppia.